Come trovare il principe azzurro

Nasciamo e in cuor nostro ci portiamo dietro l’immagine di lui, del nostro principe azzurro.

Non credo che sia già dentro di noi, dalla nascita.

È una versione nostra, che elaboriamo man mano che cresciamo.

Credo che sia piuttosto il costrutto di un insieme di condizionamenti, esperienze nell’infanzia e anche dopo.

Fatto di letture, film, musiche e quant’altro che ci può avere plasmato la nostra immaginazione-aspettativa, di lui.

Tutte nasciamo con il desiderio profondo, profondissimo di voler incontrare il nostro lui.

È una delle esperienze più significative che la vita ci possa donare. La ricerca dell’uomo per la donna.

E vice versa e la loro unione in amore.

La ricerca pura e innocente è naturale, la ricerca distorta lo è di meno. Vediamo in quest’articolo, in che senso.

Prendiamo la distorsione più grande.

Spesso il principe azzurro viene associato a una figura maschile che ci deve salvare e ci deve fare stare bene. Per il resto della nostra vita. Finché morte non ci separa.

Come se fosse esclusivamente suo il compito o dovere, di renderci felici e amate.

E sebbene un uomo che ci ama, ci faccia sentire veramente così, il suo solo amore non potrà mai bastare.

È il paradosso più grande. 

Cioè che l’amore ce lo potrà dare, se ci sentiremo degne di riceverlo.

E possiamo riceverlo, solo quando siamo degne di darcelo noi.

Allora lì l’amore inizierà a bastare.

Non sarà più come una coperta con la quale non riusciamo mai a coprire i piedi.

Questo ci dà anche finalmente la libertà, di non pretenderlo da nessuno.

L’altro è libero di darcelo o meno. Più è libero e meno lo pretendiamo (appunto perché abbiamo imparato ad amarci) più l’altro vuole donare il suo amore.

Quando ci ama.

Non è il paradosso più grande?

Nessun uomo ci può salvare e neanche far star bene per il resto della nostra vita. Non è possibile perché ognuno possiede una chiave alla propria felicità che è dentro di noi.  Si accede dall’interno di noi.

È la chiave che porta al proprio cuore e castello. Inizia dal cuore e conduce al castello.

Io mi posso salvare, facendomi aiutare, se non ce la faccio da sola.

Io posso sapere che ho il diritto di nascita, di essere felice ed essere amata. Prima dentro di me e da me.

Con o senza un uomo.  Con o senza uomo, io ho il diritto di nascita, di essere felice ed essere amata. Prima dentro di me e da me.

Il principe azzurro è colui che ha imparato a fare altrettanto e stando bene, può trasmetterci il suo amore, e noi stando bene, possiamo ricevere e ricambiare il nostro amore.

Altrimenti aspetteremo 100 anni come la Bella Addormentata, il principe che è venuto a salvarla, baciandola e liberandola dal suo sonno dopo 100 anni!

Questo ci fa capire che prima ci mettiamo in viaggio dentro di noi, anziché aspettare ad occhi chiusi ed affidarci solo alla buona sorte fuori, prima ci mettiamo nella condizione di incontrarlo.

Ogni donna ha la possibilità di uscire dal proprio sogno e da questo sonno, dov’è caduta per ragioni varie.

Quante donne aspettano una vita intera il principe azzurro?

Non si tratta neanche di trovarlo, ma di cercare la versione della propria vita, da felice e contenta e non la versione, da sonnambula addolorata e disillusa.

Lei a quel punto, verrà trovata dal principe perché è una principessa.

La principessa è la versione libera della donna. Libera dall’illusione del peccato della mela rossa, libera dalla dipendenza dal male, dalla paura e dalla condanna eterni.

Le favole servono a risvegliarsi dal sonno e dall’ipnosi del nostro copione, dei nostri schemi e dell’inconscio femminile ancora nel buio.

Rappresentato dalle caverne, dai sotterranei, dalle celle e dalle segrete nelle favole.

Per il femminile ancora in ombra è forte il richiamo di mettersi in attesa, di illudersi, di sentirsi meno, di chiudersi, di cadere nella trappola del vivere sospesi fra questo mondo ed il mondo delle favole.

Io lo chiamerò il femminile che è ancora “serva”.

Infatti Cenerentola, che in realtà è una principessa, come ogni donna, si ritrova a fare da serva prima di poter incontrare il suo principe.

Sapete cos’è curioso?  Che lei non si lamenta e non si oppone al suo fato, all’ingiustizia del suo destino e così facendo non ne diventa vittima.

Lo accetta attivamente, non con rassegnazione. Non sa dove tutto questo la porterà, ma lei ha fiducia e fa il lavoro (interiore) che deve compiere finché si compia la magia.

Che magia non è, ma realizzazione esterna del lavoro psichico ed emozionale che con azioni coraggiose e fede, portano al cambio del suo destino.

Piano piano diventa maestra, nel coltivare una fiducia incrollabile nel bene, in maniera che possano accadere la liberazione, la giustizia e l’amore.

Quando una donna in una favola coltiva delle rose o dei fiori, è proprio questo quello che fa.

Per il maschile ancora in ombra, è forte il richiamo di stare in superficie, di omettere verità, di ricercare il piacere facile, di essere egocentrico, di volere libertà perenne senza legami. Io lo chiamerò il maschile che è ancora “sguattero”.

Lui deve mostrare il suo valore a sé stesso e agli altri, come alla donna del suo cuore, combattendo con coraggio e lealtà contri i draghi esterni ed interni.

Dicevamo che il sonno – sogno del mio sé, sotto la campana di vetro ad occhi chiusi, è un limbo.

E il risveglio può far male all’inizio, per cui si ha tendenza a rimandare questo momento e a rimanere nel sonno anestetizzante dell’inconscio, dell’illusione e del domani.

Appunto, ad aspettare che sia il principe a risvegliarci!?

Possono essere passati settimane, mesi, ma spesso anche anni dove la protagonista si è persa nel bosco dell’oblio di sé, a raccogliere le sole briciole, come Haensel e Gretel.

Ad attendere e ad aspettare un uomo che non c’è, e che quando c’è le dà le briciole. O a non liberarsi da una matrigna che non le vuole bene o ad accendere un fiammifero dopo l’altro, senza imparare a riscaldarsi al fuoco vero.

Cosa porta la protagonista ad entrare in questa sindrome della piccola fiammiferaia come ipnotizzata sotto la campana di vetro?

L’amore condizionato e insufficiente che ha ricevuto da bambina, da una strega (madre – figura materna distorta) che non le ha trasmesso con il suo esempio, la dignità di una donna che è una principessa o regina, e un padre assente e/o malvagio, che non le ha dato l’esempio che l’uomo è un principe/un re anche lui.

Ognuno si porta dietro quest’amore mancante con sfumature e gradi diversi.

Ogni favola è una guarigione, è la storia di un’iniziazione del protagonista, da bambina a donna, da serva a regina e da sguattero a re.

Qual’ è il sentiero che il protagonista percorre per arrivarci?

Quello di coltivare le virtù interiori che si rispecchiano poi anche nel suo ambiente esterno. 

Quali però?

All’esterno, ammiriamo la sua incredibile bellezza fisica (nessuna principessa è brutta e neanche mai un principe), i suoi vestiti regali, il suo castello immenso e i suoi sudditi ubbidienti. Per citare alcune sue caratteristiche.

Sono tutte metafore esteriori, che ci indicano il suo cammino interiore. La donna – bambina – serva ancora, non conosce mai all’inizio del racconto il principe e tutto fila liscio. Non si è mai visto.

Entrambi attraversano trasformazioni e avventure di tutti i generi. È il cammino che possono cogliere ogni uomo e ogni donna, se lo vogliono e che li porta al loro castello e allo loro felicità, sulla terra e nella realtà.

La bellezza fisica è il trasmutare delle emozioni della donna ancora serva bambina, in oro e la capacità di conseguenza ad amarsi per quello che è, nella sua unicità.

La sua bellezza sta nell’accettazione di sé stessa e a non volere sempre di più. Né più né meno. Senza paragonarsi ad altri.

In quegli istanti semplicemente la bellezza accade.

Perché sa accogliere la sua unicità come dono e non la dà mai per dovuta o scontata. Anzi ne è grata e non ne parla mai male.

Non si maledice mai.

Coltiva la sua bellezza anche dall’oro che ricava dalla profondità delle sue emozioni, sentendole e trasmutandole.

Lei diventa bella, perché si sente preziosa con tutto l’oro e i doni unici che ha dentro.

I suoi vestiti regali sono l’emblema della naturalezza e del piacere, verso il proprio corpo e la propria sessualità, che reputa sacri e preziosi.

Lei non segue le orme della Madonna. Nell’innocenza del suo cuore, è sacra anche nel corpo. Non è la verginità che la rendono pura.

Non è il corpo che deve essere puro, come si poteva pensare con l’imposizione della cintura di castità o con il focus distorto sulla castità fisica della Madonna.

La donna crede a livello inconscio che per essere pura, si deve astenere dalla sessualità e/o essere fedele ad un solo uomo.

La cintura di castità nelle favole, in realtà è un ricordo, a non far diventare la sessualità una schiavitù per la donna.

Né nella sua espressione più disinibita, se è mossa da mancanza d’amore per sé, né nella sua espressione opposta, cioè quando diventa fedeltà o astensione estrema, se mossa sempre da mancanza d’amore per sé.

Una donna è libera di essere fedele, quando lo vuole lei.  Laddove, l’uomo la ama, la rispetta e vuole avere un rapporto esclusivo con lei. E lei ama quest’uomo.

Fino a quel momento lei è libera. Lei si dà la possibilità di conoscere altri uomini e pretendenti e si sente innocente quando lo fa.

Uno stato d’animo da principessa, sa che se si apre, ha più di un pretendente. Se lo vuole lei.

Si è tolta finalmente il peso della cintura di castità e l’ha messa via.

Perché per lei è importante coltivare la purezza del suo cuore e non la verginità imposta, che in realtà è sporca.

Lei sa che il suo corpo è sacro perché protetto e amato da sé stessa.

Soprattutto liberato da ogni peccato dal suo interno, dal suo cuore gioioso e innocente.

Il suo cuore si, che sarà sempre vergine!

Il suo portamento eretto è l’unione della materia e dello spirito. Tra la terra ed il cielo.

Unisce così facendo la caducità, la pesantezza e l’invecchiamento del corpo con l’eternità, la leggerezza e l’infinito dello spirito.

Non diventerà mai schiava così, della schiavitù più grande, alla quale si è sottoposta la donna, subito dopo il concetto capovolto e malefico di verginità: quella dell’eterna giovinezza del corpo.

Lei conosce il segreto, che è l’eterna giovinezza dello spirito.

Questo le dona la sensazione di leggerezza e grazia nel corpo e nella mente.

La gravità di credere che tutto sia solo materia e dunque pesantezza e caducità, porta a camminare e a pensare, curvi e appesantiti.

Quanto sono aggraziate le principesse, quando camminano giù per le scale, nei lunghi corridoi.

Proseguendo sul sentiero di questo racconto, vediamo da vicino, che il castello è in realtà, l’ampliamento del suo trono.

È la sua energia stabilmente connessa al qui e ora. Lei passa del tempo sul suo trono e non vaga sempre in mille direzioni. E’ regina dei suoi pensieri e delle sue azioni.

Non dipende da un domani o da a un ieri. Né da una favola, e neanche da un uomo.

Paradossalmente invece, la donna bambina-serva, è ancora prigioniera all’interno della sua favola. Il dramma è che lei non lo sa.

Ma poi si deve trasferire nella realtà, se vuole diventare regina.  Il vero trono si trova nella sua realtà quotidiana, a casa sua, nel qui e ora, nel suo letto.

Le favole non ce lo dicono, ma ce lo fanno capire finendo con la frase: “E vissero felici e contenti”.

Che la felicità è possibile nella realtà.

È anche il passaggio che ogni donna deve compiere, per conoscere il proprio principe azzurro.

Uscire dalla propria favola, dall’ipnosi del proprio passato e avere il coraggio di attraversare nella realtà, le varie prove e i passaggi che l’attendono.

Nella fantasia siamo tutti bravi a compiere atti coraggiosi o a cambiare. Ma ancora non è reale.

Regale è uguale a reale. Lo ripeto, essere regale vuol dire essere reale.

Da questo trono, nel cui centro è seduta stabilmente con dignità umile e lussureggiante e presenza amabile, si apre davanti a lei il suo castello, la sua casa.

Lei sa misurare e rigenerare la sua energia che riesce ad ancorare nella realtà stabilmente, senza doversi recare giornalmente nella favola fatta di aria, per sopportare una realtà quotidiana che non le piace.

Perché lei vive nel suo regno personale che ha creato.  Fatto di persone, cose, lavori, interazioni, pensieri e relazioni che lei ama realmente, dunque regalmente.

Ogni principessa deve superare i labirinti dell’illusione, dove le vengono specchiati mendicanti, vestiti da re con la corona.

Deve imparare a capire che non sempre, tutto ciò che luccica è oro.

Lei apprende e riconosce finalmente le trappole e sa uscire da ogni labirinto in cui incappa.

Ha capito che il labirinto è vuoto, non la nutre nel cuore e soprattutto non le specchia il suo essere regina.

Il labirinto può essere un uomo che non la vuole realmente, regalmente, anche se è incredibilmente bello e glielo vuol far credere, o un lavoro ben pagato, ma che non corrisponde affatto ai desideri del suo cuore.

Quando ne esce, se ne esce, si sente meno: meno bella, meno accolta, meno espansa, meno felice e meno amata.

Anche se tutto brilla al suo interno e sembrerebbe che lei abbia a che fare col più grande dei re o con le imprese più nobili.

Lei butta sassolini nel labirinto per ricordarsi da dove è già passata e gli errori che ha già commesso, per non ripeterli. Così ne esce sempre prima e prima o poi non ci entra neanche più.

Lei acquisisce una grande conoscenza della sua interiorità e si fa guidare da essa. Serba il ricordo del passato come monito e non come coazione a ripetere.

In questi passaggi e prove in cui impara la dignità, la forza interiore, l’amore incondizionato per sé stessa, impara anche a attribuire meno importanza all’esteriorità, a tutto ciò che appunto brilla senza valore e sostanza vera.

Quando conosce un uomo, a differenza della principessa nella favola “Il principe rospo”, lei va oltre il solo aspetto fisico, lo status sociale, l’apparenza generale o criteri puramente razionali.

Lei impara ad ascoltarsi dalla pancia per capire se quell’uomo, al di là dell’apparenza iniziale e razionale, le dà benessere, espansione, felicità, gioia e leggerezza.

La principessa in questa favola tratta male il rospo (che in realtà è un principe) e lo butta nello stagno perché brutto e ripugnante. Potremmo parlare della Bella e della Bestia e di tante altre storie simili, magari anche delle nostre, che raccontano episodi simili.

Uomini a cui non abbiamo concesso una seconda uscita o chance perché non corrispondevano alle nostre aspettative più superficiali, ai criteri più razionali della nostra mente.

Nonostante sentissimo simpatia o un feeling iniziale o anche dopo.

Essere attratte da Brad Bitt non è istintivo, è completamente razionale. Lo ripeto. Essere attratte da un uomo considerato bello dai canoni (perlomeno nostri) è completamente razionale, non è istintivo!

Perché lei sa che col tempo, quello che le sembra un rospo oggi, perché non corrisponde ai suoi canoni soliti, estetici, sociali, razionali, cioè a quelli del suo ego, può rivelarsi nel tempo un principe vero.

Se si permetterà il tempo di lasciar maturare l’amore, laddove chiaramente sta nascendo.

Lei inizierà a vederlo con altri occhi e li scatterà la magia.  Lei lo vedrà realmente bello e attraente, al di là di tutto o tutti.

Ecco perché tutti i principi e tutte le principesse sono belli. Ci vuole qualcuno di speciale che veda la vostra vera bellezza. Ci vuole un principe!

Può anche darsi che assomigli a Brad Pitt, ma lei non esclude neanche che non gli assomigli affatto.

L’Amore vero è fatto di due anime che misteriosamente si riconoscono e si attraggono.

Questa è la vera attrazione, quella di due anime affini e questo fa scaturire l’attrazione dei corpi.

Quel corpo, quelle movenze, quei modi di fare, quel tono di voce, mi piacciono perché mi piace l’anima dietro.

L’attrazione superficiale è fatta solo di due corpi che si attraggono ed è molto volatile e vacua e in superficie.

È come un bicchiere d’acqua che devo continuare a riempire, rispetto allo stare sotto la fonte stessa dell’acqua.

Lei si dà la possibilità di conoscere i veri re, camuffati apparentemente da rospi alcune volte, perché non li vede più solo con gli occhi del giudizio della sua mente, bensì con gli occhi del suo cuore.

Lei ha il coraggio di andare oltre i suoi condizionamenti e verrà premiata dalla vita.

Infatti il principe è sempre bello, ricco e nobile, no?

Quando mai una principessa non è ricambiata con tutta la bellezza, la ricchezza e l’amore del principe, alla fine della favola ?

Non si è mai visto.

Ma questi doni sono innanzitutto virtù interiori.

Mi vengono donate le virtù interiori dall’uomo che mi ama e se lo amo, anche all’esterno lui mi appare bello, ricco e amorevole.

Una regina ha dei sudditi ubbidienti, che rappresentano le parti scisse del suo io, che però ha domato e che tratta con rispetto e gratitudine perché la servono e le servono.

Le ricordano da dov’è venuta e sono un monito dove potrebbe tornare, laddove dovesse uscire di nuovo dal suo regno, insomma dal suo trono, dal suo io stabilmente ancorato nell’unità del momento presente.

Non ho ancora menzionato un simbolo importantissimo per ogni re e ogni regina che si rispettino: la corona.

Questa rappresenta la fine dell’iniziazione e dell’apprendistato e l’inizio del loro viaggio da re e regina: il loro incoronamento. Con danze, invitati e festeggiamenti.

Sono tutte le nostre parti inconsce ri-unite finalmente, portate alla luce festosa (dominio sulla mente, trasformazione delle emozioni e del passato e avere autorità su di sé) insieme a un invitato speciale che si chiama: anima.

Insieme gioiscono di tutto questo, danzano e festeggiano perché è un momento unico l’incoronamento, come il matrimonio.

L’anima finalmente è stabilmente ancorata nel nostro essere ed è ospite perenne nel nostro castello.

Lei può scendere su di noi, quando riusciamo a unire e a trasmutare in luce e oro queste parti inconsce.

Ci hai mai pensato che cosa rappresenta la corona?

La corona è la luce che ogni anima accesa emette.  Finalmente può essere a contatto con la propria missione sulla terra. La sua missione è la ragione, per cui è venuta sulla terra!

È il prestare servizio agli altri, attraverso i propri talenti.

Così illumina sé stessa e gli altri. Abbiamo deciso che in questa vita viviamo nella luce e non nell’ombra.

Viviamo della nostra luce e non di luce riflessa.

Manca un dettaglio che forse a qualcuno non è sfuggito e qui si chiude tra breve questo scritto.

L’anello! L’anello che si riceve insieme alla corona e che suggella tutto.

È l’anticipazione di quello nuziale. Rappresenta lo sposalizio eterno e fedele tra il principio maschile e femminile dentro di noi, tra il corpo e l’anima, tra la materia e lo spirito.

Essere fedele alla mia iniziazione, al ricordo di me, alla mia luce e missione, come al mio amore incondizionato.

Nonostante le prove, il passato e le delusioni. Sempre ancora e di nuovo, sono fedele alla mia felicità e unicità.

L’anello nuziale e l’uomo invece, il nostro principe azzurro, sono solo la parte esterna di questo sposalizio interno. 

Lui, lo trovi quando compi questo viaggio dell’eroina.

Viaggio che è fatto di sonnambulismo, se rimani ad assumere l’altra eroina, sostanza fatale. Che ti spegne, illude, mette in attesa perché ti fa vivere nella favola, nel passato e nella disillusione. Eroina intesa come ipnosi, alibi e anestetizzante per il dolore di non aver ricevuto tutto l’amore che volevamo.

Il viaggio della vera EROINA, invece ti porta alla realtà che sembra fantasia e favola, solo per chi non ci crede ancora che tutto questo è REALE – REGALE:

“E vissero felici e contenti!” E prima ancora: “E visse felice e contenta!”

Sappi, che ti diranno: “Ma dove, ma quando mai? Nelle favole forse!? Tu sei un’illusa!”.

Non ascoltare i duri di cuore, le matrigne.

Tu tira dritto, non ti voltare mai e continua con il tuo viaggio verso il tuo castello.

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