Come non litigare

Ma voi sapete che i primi anni di relazione, li avrò passati più tempo a litigare che a fare l’amore o a ridere, non sapendo come non litigare.

Sì, è proprio vero.

Passavo le notti a difendere il mio punto di vista perché mi sentivo sempre attaccata e dovevo proteggermi costantemente.

Urlavo, sbraitavo, ogni volta mi sembrava dovessi difendere me, il mio territorio, le mie opinioni, ma soprattutto dovevo difendere, sapete cosa?

L’amore. Si avete letto bene.

Dovevo difendere la relazione che, secondo me, miracolosamente mi era arrivata.

In realtà, io urlavo e litigavo, perché avevo paura sotto sotto, di perdere quest’amore.

Ricordo ancora tutte le stanze, i corridoi, le macchine, le spiagge, le strade, le stanze d’albergo, i ristoranti, le città e le case in cui sono avvenuti tutti questi psicodrammi tra me ed il mio partner e mi ricordo anche della sensazione di vuoto che mi lasciavano e di come mi sembrava avessimo imbrattato l’energia di tutti quei luoghi.

Non avevo fiducia nella forza dell’amore, non avevo fiducia nel mio partner e non avevo fiducia in me stessa.

Avevo questa maledetta paura di perdere l’amore.

Ero analfabeta in campo amoroso. Si può essere analfabeti in tanti settori, quello amoroso è particolarmente doloroso perché ti fai del male e fai del male all’altro.

Questa è la verità. Era troppo per me da gestire. Sarebbe stato da lì in poi, tutto un viaggio in salita, di auto-esplorazione e di guarigione a piccoli passi.

Hai mai rovinato una relazione, una serata o un anche un momento per un’emozione “negativa” che non sei riuscita a trattenere, per il semplice fatto che dovevi avere ragione o difendere qualcosa?

Nel bel mezzo di un attacco emozionale verso il partner, per cui gli sei esplosa in faccia. Magari hai rovinato una cena, un’uscita o eri in procinto di fare l’amore.

Di seguito un paio di riflessioni di cosa sia il litigio in realtà e a come non litigare inutilmente e in maniera sterile, dopo anni di tentativi e fallimenti.

Per poi piano piano capirne la struttura e le sue dinamiche e vie d’uscite.

Intanto devo dire che oggi mi trovo in uno spazio in cui non pensavo di potermi trovare un giorno.

Pensavo che la mia rabbia fosse un pozzo senza fondo e che non ne sarei più risalita.

Non ho mai avuto dipendenze particolari nella mia vita, tipo dalle droghe o da alcool, ma ho avuto la dipendenza dalla televisione.

Cosa non potrei raccontarvi di tutte le serie e trasmissioni che mi sparavo e soprattutto ho avuto la dipendenza dal litigio e dalla rabbia.

Non riuscivo a smettere, era più forte di me. Perché?

Perché non riuscivo a contattare il mio dolore e a mostrarmi vulnerabile davanti a me stessa innanzitutto e dopo davanti al mio partner.

Lo camuffavo e lo coprivo con la distrazione della tele e con l’adrenalina che mi procurava la lotta verbale.

Indossavo la maschera della donna arrabbiata, che da una parte era reale perché realmente provavo rabbia, dall’altra ero caduta nella trappola della dipendenza per cui alimentavo la rabbia con pensieri ed azioni che si auto replicavano in una spirale.

Se non reagivo urlando, litigando, voleva dire che mi lasciavo sopraffare dall’altro.

Sopraffare dal suo di ego, dalla sua volontà di voler avere ragione e quindi io ne sarei uscita sconfitta.

Sconfitta per me voleva dire non lottare per l’amore perché solo lottando avrei potuto mantenerlo.

Poi in realtà stavo combattendo contro l’amore e contro i mostri del mio passato.

Perché il litigio, ve lo posso assicurare, sono un’esperta, non crea un ambiente fertile al dialogo e all’amore, fin qui abbiamo scoperto l’acqua calda direte voi.

Ma un conto è dirlo, un conto è sentire la profondità di questa verità e non cascare nel litigio.

Lo scopo di queste righe non è farti sentire in colpa perché ciò è accaduto o accade, ma portarti a quei momenti, chiudere gli occhi per sentire come stai durante e dopo l’attacco emozionale, la sfuriata, il litigio o il tenere il muso (sempre rabbia espressa però passivamente).

Chiudi adesso gli occhi. Respira. Immergiti in una o più situazioni in cui ciò è accaduto.

Quali erano le emozioni che provavi?

Io provavo rabbia per essere stata, secondo me, attaccata, criticata, sminuita o non rispettata e quindi non amata o non abbastanza amata o non nei modi che volevo o immaginavo io.

In fondo in realtà provavo sempre paura e terrore per non essere abbastanza amabile e di essere lasciata, senza amore.

Quali erano le circostanze che ti hanno portata a reagire in quel modo (a urlare, litigare, tenere il muso, accusare, inveire…)?

Sicuramente avrai il tuo arsenale di risposte e giustificazioni al perché di quest’atteggiamento.

Lui ha guardato un’altra, non è venuto all’ora prestabilita, non lava mai i piatti e così via.

Scrivi quali sono le ragioni per le quali hai voluto o meglio dovuto reagire in quel modo.

Io dovevo reagire così, altrimenti avrei perso l’amore. Se non reagivo così, lui mi avrebbe tradito con chiunque. Se non urlavo, lui non mi avrebbe rispettato.

Io ne potrei citare a centinaia, ma sapete che oramai la maggioranza di loro, si è dileguata nell’oblio?

Faccio fatica a ricordare i tantissimi episodi.

Però ricordo e so che mi scattava e mi scatta quando vado in modalità di non accettazione.

Non accetto che l’altro arriva in ritardo, che l’altro la pensa in un altro modo, che l’altro ha i suoi tempi, che l’altro ha un modo molto diretto di comunicare e via dicendo.

Insomma c’è qualcosa o qualcuno che non accetto così com’è.

Anziché vedere che quella cosa ha a che vedere solo con l’altra persona o situazione, io penso invece che l’altro mi vuole ferire o attaccare o sminuire, insomma non mi vuole amare.

Non vedo che io non riesco ad accettare me stessa in realtà e poi le situazioni della mia vita e che soprattutto non riesco ad amarmi.

Questo mi crea per giunta una dipendenza dall’amore dell’altro, non sapendolo trovare dentro di me.

Adesso rispondi alla domanda: quali sono state le reazioni dell’altra persona, in questo caso prendiamo quelle del tuo partner?

Nella migliore delle ipotesi il tuo partner ti ha ignorato per non litigare, ha fatto buon viso a cattivo gioco o lì per lì ti ha dato ragione per liquidare la faccenda subito.

Nella peggiore avete litigato, ti ha accusato, insultato anche lui e via dicendo e siete entrati nella ruota del criceto.

Dipende dal grado di ferite e dal bagaglio del passato che entrambi si portano dietro, come dal carattere e dalle circostanze del momento.

Mi sentivo, adesso che ci penso, come una strana mutazione genetica.

Fuori un piccolo mostriciattolo che mostrava i denti a ogni presunto pericolo, che avrebbe strappato a brandelli ogni invasore.

Dentro mi sentivo un coniglietto smarrito, impaurito, con le orecchie basse nella tana, che voleva sempre scappare.

Ecco, è quel mostriciattolo che scatta quando vediamo qualcosa che non ci piace nel partner e andiamo in modalità di non accettazione dell’altro o della situazione e per cui facciamo vedere i denti o anche ci allontaniamo e teniamo il muso.

Ognuno a modo suo.

L’importante è capire questa dinamica per ciò rileggiti questi passaggi fino a qui varie volte finché la dinamica ti è completamente chiara.

Solo in questo caso puoi ricordartene la prossima volta, nel bel mezzo di un litigio.

Quando te ne dimentichi, sei inconsapevole per cui attui la solita dinamica.

Hai due scelte quando ne diventi consapevole invece, durante un litigio o quando sta per iniziare.

  1. O il fatto di ricordarti di cosa sia realmente il litigio ti fa smontare il costrutto perché ti diventa chiaro l’inutilità e che trattasi di una mancanza d’amore tua nei tuoi confronti per cui ti passa quella miccia.

Non hai più voglia di litigare e anzi alcune volte ti sembra ridicolo.

  • O nonostante ti sia chiaro cosa sia quella voglia di attaccare, senti che non riesci a farne a meno, ti prude la bocca.

Va bene, non giudicarti.

Allontanati dalla persona finché ti passa. Potresti dire, ho bisogno di prendere una boccata d’aria, mi sono dimenticata che devo fare una cosa…e così via.

Hai bisogno di tempo che ti passi la tempesta emozionale. Nelle tempeste emozionali si dicono e fanno tante cose inutili, di cui dopo potresti pentirtene.

Quando ti sarà passata, sarai capace di valutare, cosa ti è successo e cosa l’ha scatenata. Solo in quel momento puoi capire se era una cosa importante o no.

Se non era importante non avrai scatenato infelicità intorno a te, ma ti sarai presa la responsabilità di governare le tue emozioni allontanandoti dall’altro, senza sferragliare l’attacco.

Se è importante, aspetti un momento tranquillo per entrambi o aspetti che sia il partner a venire verso di te per parlarne, e ne parli con il tuo partner. 

Siccome il tuo partner sa e intuisce che quando gli parli è perché quando veramente una cosa ti tocca, e non per litigare ogni due per tre, allora sarà più aperto al dialogo ed all’ascolto e perché si può fidare di te, sapendo che non usi le tue emozioni per buttargli addosso le sue e tue bruttezze e punti d’Achille reali o immaginari.